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Approfondimenti

Il licenziamento collettivo – Quando può il lavoratore agire in giudizio?

Nell’ambito del licenziamento collettivo, il lavoratore può fare valere l’inosservanza di uno o più degli obblighi procedurali stabiliti nella L. n. 223/1991; l’intimazione del licenziamento senza l’osservanza della forma scritta; la violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.

La legge n. 92/2012 ha modificato l’art. 5, c. 3, l. n. 223/1991, introducendo un triplice trattamento sanzionatorio, in base al vizio del licenziamento (specularmente a quanto previsto per i licenziamenti individuali).

Così, in conformità a quanto stabilito dal riformato art. 18, l. n. 300/1970, e in linea con una svalutazione dei vizi formali, che non tiene conto dell’importanza che riveste la procedura nel licenziamento collettivo, la tutela reale piena permane solo nel caso di licenziamento orale. La violazione dei criteri di scelta, invece, dà luogo all’applicazione della tutela reale attenuata. Le violazioni procedurali e le altre ipotesi di inefficacia del licenziamento garantiscono al lavoratore solo il diritto alla tutela indennitaria forte.

Questa disciplina è suscettibile di applicazione nei confronti di tutti i lavoratori coinvolti in una procedura di licenziamento collettivo, che siano stati assunti prima del 7 marzo 2015, nonché dei dirigenti.

Per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, troverà applicazione la tutela reale solo nel caso di licenziamento intimato in forma orale. Per la violazione dei criteri di scelta e degli altri obblighi procedurali, troverà applicazione l’art. 3, c. 1, d. lgs. n. 23/2015 (indennità risarcitoria determinata tra un minimo di 6 e un massimo di 36 mensilità di retribuzione per il calcolo del t.f.r.)