Il nostro Studio ha ottenuto una importante sentenza (Tribunale di Monza, dott.ssa Antenore, n. 606/2025 del 9 maggio 2025) in tema di domanda di ricongiunzione dei periodi contributivi ex art. 2 L. n. 29/1979.
Il caso riguardava un Lavoratore che nel 1992 aveva presentato la predetta richiesta, ma l’Ente gestore, dopo averla accolta con indicazione dell’ammontare complessivo dei contributi oggetti di ricongiunzione, mai provvedeva ad inviare la comunicazione prevista dall’art. 5, comma 2, l. n. 29/1979. In particolare non veniva indicato l’ ammontare degli oneri gravanti sull’istante, nonché il prospetto delle possibili rateizzazioni (con l’emissione dei bollettini per il relativo pagamento).
A fronte della successiva richiesta inviata dal Lavoratore all’Istituto nel 2022 (in prossimità della possibilità per il Lavoratore di accedere al trattamento pensionistico), l’Ente gestore rispondeva affermando di ritenere la domanda di ricongiunzione ormai come “rinunciata” stante il decorso di diverso tempo dalla presentazione.
Con ricorso ex art. 442 c.p.c. ci siamo, quindi, rivolti al Tribunale di Monza per vedere condannare l’Ente gestore all’emissione dei bollettini di pagamento, sulla base di quanto previsto dall’art. 5, comma 2, della L. n. 29/1979, a norma del quale l’Ente gestore deve concludere il procedimento (di domanda di ricongiunzione) in modo espresso e formale, comunicando all’interessato alcuni elementi specifici e da questo non altrimenti conoscibili o ricostruibili autonomamente, ovverosia l’ammontare dell’onere a suo carico (i.e l’eventuale contribuzione integrativa dovuta dall’interessato per concludere la ricongiunzione), nonché il prospetto delle possibili rateizzazioni, e tanto deve fare nello specifico termine di 180 giorni dalla data della domanda.
La stessa disposizione normativa prevede poi che a tale comunicazione segua l’onere per l’interessato di versare l’eventuale importo integrativo dovuto che, se non adempiuto in tutto o per le prime tre rate (ovvero non seguito da domanda di rateizzazione) entro i 60 giorni successivi alla ricezione della comunicazione, fa sì che “s’intende che l’interessato abbia rinunciato” alla domanda di ricongiunzione.
Logica conseguenza di quanto sopra – come da noi sostenuto e condiviso altresì dal Giudice – è che in mancanza della prescritta comunicazione non solo non può prodursi affatto la conseguenza della rinuncia prevista dalla legge (del tutto erroneamente affermata nel caso di specie), ma ancor prima non può ritenersi che il termine di 60 giorni per il Lavoratore abbia cominciato a decorrere.
Ciò è confermato dalla pertinente giurisprudenza, che ha chiarito che il procedimento amministrativo avviato con la domanda di ricongiunzione “termina con il provvedimento della gestione, con il quale viene riconosciuta la fondatezza della pretesa fatta valere dall’assicurato e si determinano le modalità di pagamento dell’onere posto a suo carico” (v. Cassazione Civ., sez. lav., ord., 4 febbraio 2022 n. 3576).
Sul punto è stato poi affermato che “Il termine previsto dalla l. n. 29/1979 per la comunicazione all’interessato <dell’ammontare dell’onere a suo carico nonché il prospetto delle possibili rateazioni> è stabilito non a favore dell’ente previdenziale, ma dell’assicurato cui si vuole garantire con tempestività l’esatta cognizione della situazione previdenziale anche al fine della possibile rinuncia ad esercitare la ricongiunzione” (Tribunale Pavia, 21/06/1985, massima in Banca dati Onelegale).
Ancora più chiaramente si è affermato che del resto “l’assicurato – solo a seguito della comunicazione, circa l’onere a proprio carico – è messo “in condizione di effettuare la scelta di chiedere o meno di essere ammesso al beneficio della ricongiunzione e con quali modalità” (vedi Cass. n. 16131/2005 cit.)” (così Cassazione Civ., Sez. lav., 1 febbraio 2008, n. 2499).
Ne consegue che deve ritenersi che “una volta presentata la domanda di ricongiunzione da parte del lavoratore –, insorgano immediatamente obblighi (e non mere facoltà) di attivazione delle amministrazioni interessate, talché la loro eventuale inerzia o una loro attività non conforme al modello procedimentale, non possono, ovviamente, comportare il venir meno del diritto al beneficio pensionistico chiesto dal lavoratore o una sua realizzazione in termini deteriori” (Cassazione Civ., Sez. lavoro, 16 ottobre 1995, n. 10795).
Applicando tali principi al caso di specie è risultata evidente l’erroneità della risposta resa dall’Ente gestore nel 2022 circa l’asserita rinuncia del Lavoratore alla propria domanda di ricongiunzione, con conseguente diritto di quest’ultimo a vedersi riconosciuta tale ricongiunzione, rispetto alla quale l’Ente gestore è stato condannato a comunicare gli oneri dovuti e la loro possibile rateizzazione, che spetterà poi all’interessato valutare se accettare o meno.