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approfondimenti

La prescrizione dei crediti retributivi non decorre in costanza di rapporto

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 1352/2021, è tornata a pronunciarsi sul tema della prescrizione dei crediti retributivi dopo l’entrata in vigore della L. 92/2012, ribadendo che la stessa non possa più farsi decorrere in costanza di rapporto, ma debba farsi decorrere dalla cessazione del rapporto stesso (in senso conforme, sentenza n. 376/2019, pres. Picciau, rel. Bove).

A sostegno di tale tesi, si è osservato che il testo attualmente vigente dell’art. 18 L. 300/1970, a differenza di quello originario, prevede la tutela reintegratoria solo per talune ipotesi di illegittimità del licenziamento (commi 1, 4 e 7), mentre per altre fattispecie prevede unicamente una tutela indennitaria (commi 5 e 6), con la conseguenza che, nel corso del rapporto, il prestatore di lavoro si trova in una condizione soggettiva di incertezza circa la tutela (reintegratoria o indennitaria) applicabile nell’ipotesi di licenziamento illegittimo, accertabile solo ex post nell’ipotesi di contestazione giudiziale del recesso datoriale.

Si ravvisa, pertanto, la sussistenza di quella condizione di metus che, in base ai consolidati principi dettati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, esclude il decorso del termine prescrizionale in costanza di rapporto di lavoro.

A supporto di questa soluzione la Corte richiama, altresì, l’orientamento giurisprudenziale che valorizza l’effettiva condizione del prestatore di lavoro subordinato, precisando che la decorrenza o meno della prescrizione nel corso del rapporto di lavoro va verificata con riguardo al concreto atteggiarsi del medesimo in relazione all’effettiva esistenza di una situazione psicologica di “metus” del lavoratore, e non già alla stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto, ove questo fosse sorto fin dall’inizio con le modalità e la disciplina che il giudice, con un giudizio necessariamente ex post, riconosce applicabili (Cass. sez. un. 4942/12; Cass. 10.4.2000 n. 4520; nello stesso senso, ex plurimis, Cass, 23.1.2009 n. 1717; Cass, 4.6.2014 n. 12553).